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      Ma Francesco Maria, partito da Corinaldo, ritornò nello stato d'Urbino, per fare spalle a' popoli suoi che facessino le ricolte: donde, desiderando assai, come sempre aveva desiderato, l'acquisto di Pesero, nella quale città era il conte di Potenza con le sue genti, vi si accostò con l'esercito; e per impedirgli le vettovaglie messe in mare alcuni navili. Ma all'opposito si preparorno a Rimini sedici legni tra barche brigantini e schirazzi; i quali come furno armati, andando a Pesero per sicurtà di certe barche che vi conducevano vettovaglie, si riscontrorno con quegli di Francesco Maria, co' quali venuti alle mani, messo in fondo il navilio principale presono tutti gli altri: per il che egli, disperato di pigliare Pesero, si partí. Facevasi in questo mezzo lo Scudo innanzi con le trecento lancie; ma tardavano i svizzeri, perché i cantoni recusavano di concedergli se prima non erano pagati da lui del residuo delle pensioni vecchie: dalla quale disposizione non si potendo rimuovergli, e il pontefice impotente per le gravissime spese a sodisfargli, i ministri del pontefice, dopo avere consumato in questa instanza molti dí, soldorno, senza decreto publico, duemila fanti particolari di quella nazione e quattromila altri tra tedeschi e grigioni. I quali essendo finalmente venuti e alloggiati a Rimini ne' borghi (i quali, divisi dal fiume dal resto della città, sono circondati di mura), Francesco Maria, entrato di notte sotto le pile del ponte egregio di marmo che unisce i borghi colla città, non potette passare il fiume, ingrossato per il ricrescimento del mare.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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