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      De' quali avendone per il passato tentato con Niccolò da Esti e con molti altri vanamente, ed essendosi Alfonso, per non avere notizia che attendesse piú a queste pratiche, quasi assicurato non della sua volontà ma delle insidie, parve al pontefice (per partiti che gli furono proposti e per essere Alfonso, oppresso da lunga infermità, ridotto in termine che quasi si disperava la sua salute, e il cardinale suo fratello, per non stare con poca grazia nella corte di Roma, trovandosi in Ungheria) tempo opportuno di tentare di eseguire qualche disegno che gli era proposto da alcuni fuorusciti di Ferrara, e per mezzo loro da Alessandro Fregoso vescovo di Ventimiglia, abitante allora a Bologna perché, aspirando a essere doge come era stato il cardinale suo padre, era sospetto a Ottaviano Fregoso; il quale, stato poco felice ne' trattati che aveva fatto per sé per rientrare nella propria patria, prometteva piú prospero successo in quegli che faceva per altri nelle patrie forestiere.
      Sotto colore adunque di volere entrare con l'armi in Genova, il vescovo, ricevuti occultamente dal pontefice diecimila ducati, soldò, parte del paese di Roma parte nella Lunigiana, duemila fanti. Al romore della quale adunazione essendosi, per sospetto di sé, armato per terra e per mare Ottaviano Fregoso, egli, come se per essere scoperti i suoi disegni restasse escluso di speranza di potere per allora voltare lo stato di Genova, fatto intendere a Federigo da Bozzole (con l'aiuto di chi si manteneva in grande parte la Concordia contro al conte Giovanfrancesco della Mirandola) poterlo servire di quelle genti insino non fusse finita la paga loro la quale durava presso a uno mese, passato l'Apennino scese in quello di Coreggio, pigliando lentamente il cammino della Concordia.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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