Imperocché, né era stato piú fortunato il trattato di Como. Perché essendo Manfredi Palavicino e il Matto di Brinzi, con ottocento fanti tra italiani e tedeschi, accostatisi di notte alle mura di Como, sotto speranza che Antonio Rusco, cittadino di quella città, rompesse tanto muro vicino alla casa ove abitava che avessino facoltà di entrare nella terra, dove, perché vi erano pochi franzesi, non credevano trovare resistenza, ma avendo aspettato per grande spazio di tempo invano, il governatore della terra, adunati tutti i franzesi e alquanti comaschi che teneva per piú fedeli, ma con numero molto minore che non erano quegli di fuora, assaltatigli allo improviso, gli messe in fuga con tanta facilità che si credette per molti che avesse con danari e con promesse corrotto il capitano de' tedeschi. Affondorno nel lago tre barche, presonne sette e molti degli inimici, tra' quali Manfredi e il Matto che fuggivano per la via de' monti; e liberati tutti i fanti tedeschi, gli altri furono condotti a Milano, dove Manfredi e il Matto furono squartati publicamente: avendo prima confessato, Bartolommeo Ferrero milanese, uomo di non piccola autorità, essere conscio delle pratiche del Morone. Il quale, incarcerato insieme col figliuolo, fu condannato al medesimo supplicio, per non avere rivelato che il Morone l'aveva con occulte imbasciate stimolato a trattare cose nuove contro al re.
Nel qual tempo il pontefice, conoscendo di quanta opportunità fusse lo stato di Mantova alle guerre di Lombardia, condusse per capitano generale della Chiesa Federico marchese di Mantova, con dugento uomini d'arme e dugento cavalli leggieri; il quale, innanzi si conducesse, rinunziò all'ordine di San Michele, nel quale era stato assunto dal re di Francia, e gli rimandò il collare e il segno che dona il re a chi si assume in tale ordine.
| |
Como Manfredi Palavicino Matto Brinzi Como Antonio Rusco Manfredi Matto Milano Manfredi Matto Bartolommeo Ferrero Morone Morone Mantova Lombardia Chiesa Federico Mantova San Michele Francia
|