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      Però Prospero aveva mandato a Mantova dugento cavalli leggieri, perché congiunti con dumila fanti comandati del territorio mantovano e con l'artiglierie del marchese, il quale, in tutte le cose, per gratificare al pontefice e a Cesare, procedeva come in causa propria, non come soldato, si facessino innanzi. Piú difficile era il pagargli a Trento, perché numerandosi [i danari] eziandio per la parte di Cesare, dal pontefice, non si potevano mandare per il paese de' viniziani se non con grave pericolo. Intesa poi l'opposizione de' viniziani, dimandorno i tedeschi maggiori aiuti, variando eziandio nel tempo del passare la montagna e nel cammino: e perciò fu ordinato che il marchese di Pescara, che era arrivato nel modonese, si voltasse nel mantovano; al quale furno mandati dal campo cento uomini d'arme e trecento fanti spagnuoli. Ultimatamente i tedeschi, impazienti di aspettare il tempo che aveano significato, feceno di nuovo intendere volere anticipare cinque dí; affermando che aspetterebbono alle radici di Monte Baldo i cavalli un dí solamente e, non venendo, ritornerebbeno indietro. Al qual tempo non potendo esservi il marchese di Pescara, fu necessario che dal campo vi andassino con grandissima celerità Guido Rangone e Luigi da Gonzaga: provedimenti tutti fatti superfluamente, perché, come Prospero aveva sempre affermato, non potevano i viniziani impedire il passaggio a seimila fanti, quanti tra tedeschi e grigioni erano questi, l'ordinanza de' quali arebbe sostenuti i loro cavalli, né i fanti italiani arebbono avuto ardire di opporsegli.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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