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      A me pare che noi stiamo intorno a Parma con pericolo e senza speranza di fare frutto, e però, che per minore male debbiamo partircene. - Soggiunse Prospero: - Il marchese ha detto quello che, se egli non anticipava, avevo in animo di dire io -. Confermò Vitello il medesimo. Ma Antonio de Leva, approvando che quivi piú non si dimorasse, proponeva doversi considerare se fusse meglio andare ad assaltare Lautrech. Ma a questo si replicava che senza disavvantaggio grande non si potrebbe costrignere gli inimici a combattere: dimorarvi essere impossibile, perché le difficoltà che si consideravano nello stare intorno a Parma diventerebbeno molto maggiori; e potere facilmente essere che i duemila svizzeri non gli volessino seguitare, perché, oltre all'avere ricevuto, molti dí prima, comandamento da' cantoni che si partissino dagli stipendi del pontefice, non pareva verisimile si disponessino a combattere contro a uno esercito nel quale militavano tanti fanti della medesima nazione; né si poteva negare che, per il sacco fatto il dí precedente, non fusse piú difficile il muovere la fanteria disordinata. Però, disprezzato questo consiglio, pareva che le sentenze di tutti i capitani concorressino a levarsi. Ma ristrettisi insieme Prospero e il Pescara, parlato che ebbono lungamente, dimandorono il commissario quello che credeva che dicesse il pontefice se si levavano, e dicendo il commissario al marchese: - Come non possiamo noi pigliare oggi Parma, secondo che iersera mi affermavate? - rispose il marchese con voci spagnuole: - Né oggi né domani né dopo domani.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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