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      Nel tempo medesimo fuggí da Milano Bonifazio vescovo d'Alessandria, figliuolo già di Francesco Bernardino Visconte, perché vennono a luce alcune cose trattava contro a' franzesi. Venne medesimamente a luce un trattato tenuto in Cremona per Niccolò Varolo, uno de' principali fuorusciti di quella città; per il quale di alcuni cremonesi che ne erano consci fu preso il debito supplicio. Né so quale in questo tempo [fusse] maggiore, o la mala fortuna o la temerità e imprudenza de' fuorusciti del ducato di Milano, de' quali numero grandissimo seguitava l'esercito; perché non solamente tutte le cose tentate da loro riuscivano infelicemente ma, intenti a predare tutto il paese, difficultavano il venire delle vettovaglie: non ricompensando questi mali (io eccettuo sempre il Morone) con alcuna diligenza o intelligenza di spie. Anzi, avendo molto prima Prospero mandatigli verso Piacenza, poi che ebbono fatti danni grandissimi agli amici e agli inimici, venuti tra loro medesimi a quistione nel dividere la preda, fu da Estor Visconte e alcuni altri ammazzato Piero Scotto piacentino, uno de' principali.
      Tentò Prospero, in questo tempo medesimo, di abbruciare le barche del ponte de' franzesi ridotte con poca guardia appresso a Cremona, per avere tanto maggiore spazio a procedere piú innanzi, mentre che Lautrech raccoglieva le barche necessarie a rifare il ponte; ma la lunghezza del cammino fu cagione che Giovanni de' Medici, mandato a questa fazione con dugento cavalli leggieri e trecento fanti spagnuoli, non vi potette giugnere se non passata la notte: onde i nocchieri, sentito il romore levato da' paesani, ritirorno le barche in mezzo al Po, sicuri di non essere offesi dagli inimici fermatisi in sulla riva.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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