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      Ma il terzo dí, Lautrech, il quale si era fermato a Bordellano, passata una parte dell'artiglierie a mezzodí di là da Oglio le mandò a Pontevico; consentendo, benché simulando il contrario, il proveditore viniziano: onde il medesimo dí, benché già appresso alla notte, cominciorno a tirare negli alloggiamenti degli inimici. I capitani de' quali conoscendo il pericolo manifestissimo, ancora che si fussino potuti trasferire in luogo ove alcune colline gli coprivano, nondimeno spaventati dalla carestia delle vettovaglie e augumentando il timore della tardità de' svizzeri, mosso, la mattina seguente innanzi all'aurora, tacitamente l'esercito senza suono di trombe e di tamburi, e messi i carriaggi innanzi alle genti, procedendo molto ordinatamente e apparecchiati a combattere e a camminare, andorno ad alloggiare a Gabbioneta, terra distante cinque miglia a' confini del mantovano; confessando tutti essersi salvati da gravissimo pericolo, parte per beneficio della fortuna parte per l'imprudenza degli inimici: perché certo è che, se il dí destinato a andare a Bordellano non si fussino fermati a Rebecca, rimaneva loro niuna o piccolissima speranza di salute; perché le medesime necessità o maggiori gli costrignevano a ritirarsi, e la ritirata, essendo piú lunga e con gli inimici piú vicini, aveva evidentissimo pericolo. Similmente è certo che Lautrech conseguitava indubitatamente la vittoria se il dí medesimo che mandò l'artiglierie a Pontevico fusse, come molti lo consigliorno e tra gli altri i capitani de' svizzeri, andato ad alloggiare appresso agli inimici; a' quali, per la propinquità sua, non rimaneva facoltà di partirsi sicuramente, non potendo massime, per lo impedimento che arebbono ricevuto dalle artiglierie di Pontevico, mettersi ordinatamente in battaglia né dimorare in quel luogo, per la fame, piú che tre o quattro dí. Ma mentre che, secondo la sua natura, dispregia il consiglio di tutti gli altri, accennando prima il pericolo che appresentandolo, dette loro causa di prevenire con la subita partita le sue minaccie.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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