Il quale e insieme Malatesta e Orazio fratelli de' Baglioni andavano, quello per ricuperare gli stati perduti questi per ritornare in Perugia; avendo raccolto a Ferrara dugento uomini d'arme trecento cavalli leggieri e tremila fanti i quali, parte per amicizia parte per speranza della preda, volontariamente gli seguitavano: perché né da' franzesi né da' viniziani potettono impetrare altro favore che permettere, a qualunque fusse soldato loro, di seguitargli; e i viniziani concederno a Malatesta e Orazio di partirsi dagli stipendi loro. Andati adunque da Ferrara a Lugo per il Po né trovando per lo stato della Chiesa ostacolo alcuno, come furno vicini al ducato di Urbino, il duca chiamato da' popoli ricuperò, eccetto quello che possedevano i fiorentini, incontinente ogni cosa, e voltatosi dipoi a Pesero ricuperò la terra con la medesima facilità, e in spazio di pochi giorni la rocca: e seguitando la prosperità della fortuna, cacciato da Camerino Giovanmaria da Varano antico signore, che per illustrarsi aveva conseguito da Lione il titolo di duca, vi messe dentro Gismondo, giovanetto della medesima famiglia che pretendeva di avere a quello stato migliore ragione: ritenendosi nondimeno la fortezza per il duca, il quale era rifuggito alla Aquila. Espedite queste cose, si voltò con Malatesta e Orazio Baglioni a Perugia; della quale aveano presa la difesa i fiorentini, non tanto per consiglio proprio quanto per volontà del cardinale de' Medici, mosso o dall'odio e inimicizia che aveva col duca d'Urbino e co' Baglioni o per parergli che la vicinità loro potesse mettere in pericolo l'autorità che aveva in Firenze o perché, aspirando al pontificato, volesse guadagnare la riputazione di essere lui solo difensore, nella vacazione della sedia, dello stato della Chiesa.
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