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      Perché il collegio de' cardinali era al tutto senza cura di difendere, o in Lombardia o in Toscana o altrove, parte alcuna del dominio ecclesiastico; parte perché i cardinali erano distratti in diverse fazioni e immerso ciascuno di loro ne' pensieri di ascendere al pontificato, parte perché nello erario pontificale o in Castello Santo Agnolo non si trovava somma alcuna di danari lasciata da Lione: il quale, per la sua prodigalità, non solo aveva consumato i danari di Giulio e incredibile quantità tratti di offici creati nuovamente, con diminuzione di quarantamila ducati di entrata annua della Chiesa, [ma] aveva lasciato debito grande e impegnate tutte le gioie e cose preziose del tesoro pontificale: in modo che argutamente fu detto da qualcuno che gli altri pontificati finivano alla morte de' pontefici, ma quello di Lione essere per continuarsi piú anni poi. Mandò solamente il collegio a Perugia l'arcivescovo Orsino, perché trattasse di concordare insieme i Baglioni; ma essendo la persona sospetta a Gentile, per il parentado che aveva co' figliuoli di Giampaolo, e proponendosi condizioni poco sicure per lui, si trattò invano: inmodo che, penultimo dí dell'anno, il duca di Urbino, Malatesta e Orazio Baglioni e Cammillo Orsino, il quale seguitato da alcuni volontari si era di nuovo unito con loro, andorono ad alloggiare al Ponte a San Ianni; donde, distesisi quivi alla Bastia e luoghi vicini, infestavano dí e notte la città di Perugia; ove, oltre a cinquecento fanti condotti da Gentile, vi aveano messi i fiorentini (a' quali l'essersi il duca voltato a Pesero dette spazio di provederla), dumila fanti, cento cavalli leggieri sotto Guido Vaina e centoventi uomini d'arme e cento cavalli leggieri sotto Vitello.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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