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      Sforzossi Lautrech, considerando con quanto pericolo si andasse ad assaltare li inimici nelle fortezze loro, di temperare questo furore, dimostrando non per difetto del re ma per i pericoli del cammino procedere la tardità de' danari, i quali nondimeno arriverebbono fra pochissimi dí; ma non potendo convincergli o fermargli, né con l'autorità né co' prieghi né con le promesse né con le ragioni, deliberò piú presto, avendo massime a
      essere il primo pericolo loro, con disavvantaggio grande tentare la fortuna della giornata che, ricusando di farla, perdere totalmente la guerra, come era manifesto che si perdeva poiché, non consentendo di combattere, i svizzeri avevano determinato di partirsi.
      Alloggiava l'esercito degli inimici alla Bicocca, villa propinqua tre miglia poco piú o meno a Milano ove risiede un casamento assai spazioso, circondato di giardini non piccoli che hanno per termine fosse profonde; i campi che sono attorno sono pieni di fonti e di rivi, condotti, secondo l'uso di Lombardia, a innaffiare i prati. Verso il quale luogo camminando da Moncia Lautrech con l'esercito, e pensando che gli inimici avendo l'alloggiamento tanto forte starebbono fermi alla difesa di quello, aveva ordinato l'assalto in questo modo: che i svizzeri con l'artiglierie andassino ad assaltare la fronte dell'alloggiamento e le artiglierie degli inimici, nel quale luogo erano a guardia i fanti tedeschi guidati da Giorgio Frondsperg; che dalla mano sinistra lo Scudo, con trecento lancie e con uno squadrone di fanti franzesi e italiani, camminasse per la via che andava a Milano, verso il ponte per il quale si poteva entrare nello alloggiamento degli inimici: egli tolse l'assunto di ingegnarsi di entrare con uno squadrone di cavalli nello alloggiamento degli inimici, piú con artificio che con aperta forza, perché per ingannargli comandò che ciascuno de' suoi mettesse in su la sopravesta la croce rossa, segnale dello esercito imperiale, in cambio della croce bianca segnale dello esercito franzese.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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