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      Partirono insieme con loro il grande scudiere e il gran maestro e molti de' capitani franzesi, Lautrech con le genti d'arme andò a Cremona per ordinare la difesa di quella terra; ove lasciato il fratello passò pochi dí poi i monti, riportando al re di Francia non vittorie o trionfi ma giustificazione di sé proprio e querele di altri, per la perdita di uno stato tale, perduto parte per colpa sua parte per negligenza e imprudenti consigli di quegli che erano appresso al re, parte, se è lecito a dire il vero, per la malignità della fortuna.
      Ordinò ancora Lautrech, innanzi partisse da Cremona, che nella città di Lodi, la quale in tutta la guerra si era tenuta per il re, entrassino con sei compagnie di gente e con presidio sufficiente di fanti Buonavalle e Federigo da Bozzole, perché i capitani cesarei erano stati impediti a voltarvi subito l'armi da uno tumulto nato da' fanti tedeschi che insieme con Francesco Sforza erano venuti da Trento, i quali dimandavano che per premio della vittoria fusse donato loro lo stipendio di un mese; cosa che i capitani dicevano essere dimandata indebitamente, perché era differente il difendersi da chi assalta a vincere gli assaltatori, né potersi dire essere stati rotti o vinti gli inimici i quali si erano ritirati non fuggendo ma cogli squadroni ordinati e salve l'artiglierie e impedimenti; ma potendo piú la insolenza de' tedeschi che la ragione o l'autorità de' capitani, furno alla fine costretti di consentire, promettendo di pagargli fra certo tempo.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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