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      Pericoloso accidente in Lucca. Sigismondo Malatesta occupa Rimini.
     
      Ma nel tempo medesimo che queste cose succedevano in Lombardia, per i travagli di quella parte e per l'assenza del pontefice, non era stata del tutto quieta Bologna; ma molto meno quieta la Toscana. Perché a Bologna Annibale Bentivoglio e con lui Annibale Rangone, raccolti nascostamente circa quattromila uomini, si accostorno una mattina in sull'aurora, con tre pezzi di artiglieria, dalla parte de' monti, e non sentendo farsi per quegli di dentro strepito alcuno, molti passorono il fosso e appoggiorono le scale alle mura: ma quegli di dentro, che il dí davanti avevano presentita la loro venuta, levato quando parve tempo il romore, e cominciato a dare fuoco all'artiglierie e uscendo molti di fuora ad assaltargli, si messono subitamente in fuga, lasciate l'artiglierie; e nel fuggire fu ferito dalla parte di dietro Annibale Rangone. Credettesi quasi per certo che questa cosa fusse stata tentata con saputa del cardinale de' Medici; il quale, temendo che il pontefice, o per proprio consiglio o per suggestione di altri, non cercasse, come fusse venuto in Italia, di diminuire la sua grandezza, avesse desiderato che, perturbato da tanta iattura dello stato ecclesiastico non solamente avesse necessità di dare opera ad altro che a perseguitarlo ma fusse costretto a ricorrere a' consigli e aiuti suoi.
      Ma molto piú lunghi e maggiori erano stati i travagli e pericoli di Toscana. Perché, appena assicurato dal duca d'Urbino lo stato di Siena e posate le cose di Perugia e di Montefeltro, era stato dato nuovo ordine, per suggestione del cardinale di Volterra, dal re di Francia che Renzo da Ceri, il quale si riposava ozioso in terra di Roma, tentasse di mutare lo stato di Firenze, rimettendo in quella città i fratelli e nipoti del cardinale di Volterra, dichiarato con tutti i suoi amico e confederato del re: i danari necessari alla quale impresa, perché il re allora era costituito in somma necessità, si doveano numerare dal cardinale, ricevendo promessa dal re che gli avessino a essere restituiti a certo tempo.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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