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      Non dice questo la scrittura delle nostre capitolazioni, né ci militano le medesime ragioni. Adempiemmo le obligazioni nostre quando, alla perdita di Milano, causata per il mancamento delle loro provisioni, ricevetteno piú danno le nostre genti d'arme che le franzesi; adempiemmole quando, tornando Lautrech co' svizzeri alla guerra, gli mandammo i nostri aiuti; abbiamle trapassate quando, pasciuti da lui con vane speranze e promesse, abbiamo aspettato tanti mesi l'esercito suo. Se la volontà lo ritiene, perché cerchiamo noi di sopportare la pena delle sue colpe? se la necessità, non basta egli questa ragione, quando bene fussimo obbligati, a giustificarci? Non so di che siamo piú oltre debitori al re di Francia poiché prima siamo stati abbandonati noi: non so a che piú oltre sia tenuto uno confederato per l'altro, né che possino giovare a lui i nostri pericoli. Non affermo che i capitani di Cesare pensino a muoverci al presente la guerra, ma né ardirei affermare il contrario, considerato la necessità che hanno del nutrire lo esercito nello stato degli altri, la speranza che potrebbono avere di tirarci per questa via alla loro congiunzione, massime se il re di Francia non passerà: di che chi dubita non ne dubita, a giudizio mio, senza ragione, per la loro negligenza, per essere esausti di danari, per la guerra che hanno di là da' monti con due tali príncipi; né può essere ripreso chi di questo presta fede al vostro imbasciadore perché gli imbasciadori sono l'occhio e l'orecchio degli stati.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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