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      Perciò il senato necessitato a determinarsi, e togliendo fede alle promesse del re di Francia l'essere stati tanti mesi nutriti con vane speranze, e molto piú quel che in contrario affermava lo imbasciadore residente appresso a lui, deliberò d'abbracciare l'amicizia di Cesare, col quale convenne con queste condizioni: che tra Cesare, Ferdinando arciduca d'Austria, Francesco Sforza duca di Milano da una parte e il senato viniziano dall'altra fusse perpetua pace e confederazione: dovesse il senato mandare, quando fusse il bisogno, alla difesa del ducato di Milano secento uomini d'arme secento cavalli leggieri e seimila fanti; il medesimo per la difesa del regno di Napoli, ma questo in caso fusse molestato da' cristiani, perché i viniziani recusavano obligarvisi generalmente per non irritare contro a sé l'armi de' turchi: la medesima obligazione avesse Cesare, per la difesa contro a qualunque, di tutte le cose che i viniziani possedevano in Italia: pagassino all'arciduca in otto anni, per conto di antiche differenze e concordia fatta a Vuormazia, dugentomila ducati. Le quali cose come furno convenute, il senato, avendo già rimosso dagli stipendi suoi Teodoro da Triulzi, elesse governatore generale della sua milizia, con le condizioni medesime, Francesco Maria duca di Urbino.
     
      Lib.15, cap.3
     
      Tentativi del pontefice di unire in concordia i príncipi cristiani contro i turchi. Come il cardinale di Volterra cade in disgrazia del pontefice. Confederazione di príncipi di cui fa parte il pontefice.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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