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      Ricordavangli la gloria infinita, la perpetuazione eterna del nome suo, se tante vittorie già acquistate confermasse con questa ultima gloria e trionfo. Ma nell'animo di Prospero era sempre fisso di fuggire quanto poteva di sottomettersi all'arbitrio della fortuna; e perciò, immobile nella sua sentenza non altrimenti che uno edificio solidissimo al soffiare de' venti, rispondeva non essere ufficio di savio capitano lasciarsi muovere dalle voci popolari, non menare i soldati suoi ad assaltare gli inimici quando niuna altra speranza restava loro che difendersi. Assai essersi vinto, assai gloria acquistata, avendo senza pericolo e senza sangue costretto gli inimici a partirsi; né dovere essere infinita la cupidità degli uomini, e potere ciascuno facilmente conoscere che senza comparazione maggiore sarebbe la perdita se le cose succedessino sinistramente che il guadagno se le succedessino prosperamente. Avere sempre con queste arti condotte a onorato fine le cose sue, sempre per esperienza conosciuto piú nuocere a' capitani la infamia della temerità che giovargli la gloria della vittoria: perché in parte di quella non veniva alcuno, tutta e intera s'attribuiva al capitano; ma la laude de' successi prosperi della guerra, almeno secondo la opinione degli uomini, comunicarsi a molti. Non volere, quando era già vicino alla morte, andare dietro a nuovi consigli, né abbandonare quegli i quali, seguitati da lui per tutta la vita passata, gli aveano dato gloria utilità e grandezza. Divisonsi i franzesi in due parti: l'ammiraglio con la parte maggiore si fermò a Biagrassa, terra distante da Milano quattordici miglia, gli altri mandò a Rosa distante da Milano sette miglia e, intra se medesime, miglia.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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