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      La quale confederazione come fu fatta, benché il duca di Borbone, il quale costantemente recusò di riconoscere il re di Inghilterra in re di Francia, confortasse che piú presto si andasse con l'esercito verso Lione per accostarsi al suo stato, nondimeno fu deliberato si passasse in Provenza, per la facilità che arebbe Cesare di mandargli soccorso di Spagna e per servirsi dell'armata che, per comandamento e co' danari di Cesare, si preparava a Genova. I progressi di questa spedizione furno che Borbone e con lui il marchese di Pescara, dichiarato a quella guerra (perché di ubbidire a Borbone si sdegnava) capitano generale di Cesare, passorno a Nizza; ma con forze molto minori di quelle che erano destinate: perché a cinquecento uomini d'arme ottocento cavalli leggieri quattromila fanti spagnuoli tremila fanti italiani e cinquemila tedeschi si doveano aggiugnere trecento uomini d'arme dell'esercito di Italia e cinquemila altri fanti tedeschi, ma questi per mancamento di danari non vennono; e il viceré, impotente a soldare nuovi fanti, come era stato deliberato ne' primi consigli, per opporsi a Michelantonio marchese di Saluzzo (il quale, cacciato del suo stato, era con mille fanti in sulla montagna), riteneva gli uomini d'arme per la guardia del paese. Aggiugnevasi che l'armata di Cesare, una delle principali speranze, guidata da don Ugo di Moncada allievo del Valentino, uomo di pravo ingegno e di pessimi costumi, appariva inferiore alla armata del re di Francia; la quale partita da Marsilia si era fermata nel porto di Villafranca.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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