Cosí, procedendo l'uno e l'altro esercito verso Italia, pervennono, in un dí medesimo, il re di Francia a Vercelli, il marchese di Pescara co' cavalli e co' fanti spagnuoli ad Alva; seguitando il duca di Borbone co' fanti tedeschi per intervallo di una giornata; il quale, non dando spazio di respirare a se stesso, andò il dí seguente da Alva a Voghiera, cammino di quaranta miglia, per andare il prossimo dí a Pavia; ove si congiunse col viceré, venuto da Alessandria, ove avea lasciato alla custodia duemila fanti, con grandissima prestezza, in tempo che già l'esercito del re cominciava a toccare le ripe del Teseno. Quivi consultando tra loro e con Ieronimo Morone delle cose comuni, ebbono il primo pensiero, lasciata sufficiente guardia in Pavia, di fermarsi come l'altre volte aveano fatto in Milano: però ordinorno che subito vi andasse il Morone per provedere alle cose necessarie, e che il duca di Milano, il quale aveano mandato a chiamare, lo seguitasse; essi, lasciato Antonio de Leva a Pavia con trecento uomini d'arme e circa cinquemila fanti, da pochi spagnuoli in fuori, tutti tedeschi, si mossono verso Milano.
Lib.15, cap.10
Misere condizioni di Milano dopo la peste. Parole del Morone ai milanesi. I francesi sotto Milano, dove pongono un presidio per l'assedio del castello. Difficoltà di Cesare: contegno degli antichi confederati. Vano assalto del re di Francia a Pavia; vani tentativi di deviare le acque del Ticino; assedio della città.
Ma la città di Milano, afflitta dalla peste grandissima che l'avea vessata quella state, non pareva piú simile a se medesima: perché del popolo era morto numero grandissimo, di quegli che aveano fuggito tanto infortunio molti erano assenti, non ridotta dentro la copia delle vettovaglie consueta, difficili i modi del fare provedimenti di danari; de' ripari, non avendo alcuni atteso a conservargli, la maggiore parte per terra: e nondimeno, in tante difficoltà, sarebbe stata la antica prontezza degli uomini alle medesime fatiche e pericoli.
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