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      Però, per certificarsi al tutto della sua mente, mandorno a lui Marino abate di Nagera commissario del campo, a proporgli insieme speranza e timore: perché da una parte gli offerivano cose grandissime, dall'altra gli dimostravano che, essendo Cesare e il re venuti all'ultima contenzione, non poteva Cesare altro che riputare che fusse stato contro a sé chiunque non fusse stato con lui. Ma il pontefice rispondeva, niuna cosa meno convenire a sé che il partire dalla neutralità nelle guerre tra príncipi cristiani, perché cosí richiedeva lo ufficio pastorale e perché potrebbe con maggiore autorità trattare la pace: per la quale, nel tempo medesimo, procurava con Cesare; a cui, avuta licenza dalla madre del re di passare da Lione in Spagna, dopo l'acquisto di Milano, pervenne l'arcivescovo di Capua, e scusato che ebbe con le medesime ragioni il pontefice del non avere voluto rinnovare la lega, come Cesare, intesa la andata del re verso Italia aveva instantemente dimandato, lo confortò efficacemente in suo nome che o con la tregua o con la pace si deponessino l'armi. Inclinavano l'animo suo alla concordia le difficoltà nelle quali vedeva essere ridotto: non avere modo di fare in Ispagna provedimento alcuno di danari per le cose di Italia, la prosperità che si dimostrava del re di Francia, il sospetto che il re di Inghilterra non fusse occultamente convenuto con l'inimico; perché quel re non solamente ricusava che cinquantamila ducati, i quali finalmente aveva proveduti a Roma per la guerra di Provenza, si mandassino all'esercito di Lombardia, ma (quel che causava sospetto maggiore) dimandava a Cesare, costituito in tante necessità, che gli restituisse i danari prestati e che gli pagasse tutti quegli a' quali era tenuto: perché Cesare, insino quando passò in Ispagna, cupidissimo della sua congiunzione, per rimuovere tutte le difficoltà che lo potevano tenere sospeso, si obligò a pagargli la pensione che ciascuno anno gli dava il re di Francia e ventimila ducati per le pensioni che il medesimo re pagava al cardinale eboracense e ad alcuni altri, e trentamila ducati che per il doario si pagavano alla reina bianca, stata moglie del re Luigi; delle quali promesse non avea insino a quel dí pagata cosa alcuna.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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