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      Nel quale tempo procedevano le cose di ciascuna delle parti quasi oziosamente. Il re continuava l'assedio di Pavia, non intermettendo i lavori delle trincee e il molestarla con l'artiglierie; gli imperiali, aspettando il ritorno di Borbone, si riposavano: eccetto che il marchese di Pescara, nella providenza e ardire del quale la maggiore parte de' consigli ma certamente tutte l'esecuzioni si riposavano, uscito una notte di Lodi con dugento cavalli e dumila fanti, entrato all'improviso nella terra di Melzi, guardata negligentemente da Ieronimo e da Gianfermo da Triulzi con dugento cavalli, fece prigioni i capitani con la maggiore parte de' soldati; de' quali Ieronimo, poco poi, morí di una ferita ricevuta nel combattere. Arrivorno dipoi all'esercito del re i svizzeri e grigioni; alla venuta de' quali il duca di Albania, mosso di nuovo, passò il Po alla Stradella del piacentino.
      Dalla quale inclinazione non potendo il pontefice divertire il re, né forse, per non lo insospettire, non ne facendo molta instanza, gli parve tempo opportuno a manifestare agli imperiali le convenzioni fatte prima con lui e a rinnovare la menzione della concordia; alla quale, per la difficoltà dell'ottenere Pavia e per il pericolo del regno di Napoli, sperava dovere trovare minore durezza in ciascuna delle parti. A' quali effetti mandò Paolo Vettori, capitano delle sue galee, a significare al viceré: non avere mai potuto, benché n'avesse fatto grandissima diligenza, rimuovere il re dalla deliberazione di assaltare il reame di Napoli; né potere, per non trasferire la guerra in sé (alla quale non potrebbe resistere) vietargli il passo, anzi essere necessitato ad assicurarsi con nuove convenzioni da lui; nelle quali non consentirebbe mai condizione alcuna nociva a Cesare, a cui conoscere niuna cosa essere piú utile, in tante difficoltà, che la pace; la quale perché si potesse trattare innanzi che i disordini piú oltre procedessino, confortare il viceré a consentire che l'armi si sospendessino; deponendo (perché altrimenti il re non vi condiscenderebbe) in mano di persona non sospetta quel che in nome di Cesare e del duca si teneva ancora nel ducato di Milano.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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