Stando fermi in Lombardia potere essere vincessino a Milano e a Napoli, andando a Napoli si perdeva al certo Milano né si liberava il regno dal pericolo, ove incontinente tutta la guerra si trasferirebbe: e con quale speranza, ritornandovi come vinti? donde con tanta riputazione vi entrerebbono gli inimici, tanta sarebbe l'inclinazione de' popoli (che per natura per odio per paura si fanno incontro alla fortuna del vincitore), che non piú si difenderebbe il regno di Napoli che il ducato di Milano. Né muovere altro il re di Francia, dubbio ancora de' successi di Lombardia, a dividere l'esercito, a cominciare una guerra nuova mentre pendeva la prima, che la speranza che per troppa sollecitudine del regno di Napoli gli lasciassino in preda tutto lo stato di Milano: per i cui consigli deliberarsi, per i cui cenni muoversi l'esercito tante volte vincitore, che essere altro che con eterna infamia concedere alle minaccie de' vinti quella gloria che tante volte contro a loro s'aveano con l'armi acquistata? La quale sentenza seguitando finalmente il viceré mandò a Napoli il duca di Traietto, con ordine che, raccolti piú danari che si potesse, Ascanio Colonna e gli altri baroni del regno attendessino a difenderlo; e ancora che alla imbasciata fattagli in nome del pontefice avesse risposto modestamente scrisse con molta acerbità a Roma, ricusando volere udire ragionamento alcuno di concordia donde il pontefice, mostrando essere menato dalla necessità, perché il duca di Albania continuamente andava innanzi, publicò, non come cosa fatta prima, essere convenuto col re di Francia con una semplice promessa di non offendere l'uno l'altro: il che significò eziandio per uno breve agli atti di Cesare, allegando le cagioni e specialmente la necessità che l'avea indotto.
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