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      Conchiuse che né per la deliberazione del pontefice, benché indebita e inaspettata, né per qualunque altro accidente abbandonerebbe se medesimo, né confidasse alcuno che per mancamento di danari avesse a mutare sentenza, perché metterebbe prima a ogni pericolo tutti i regni e la vita propria: ed essere tanto fisso in questo che supplicava Iddio non fusse cagione della dannazione della sua anima. Alle quali querele replicava l'oratore fiorentino: il papa, poi che fu eletto alla suprema degnità, essere stato obligato a procedere non piú come cardinale de' Medici ma come pontefice romano, l'ufficio del quale era pensare e affaticarsi per la pace de' cristiani; perciò non avere mai ricordato altro che la necessità che se n'avea, scrittone sí spesso a lui e mandatogli l'arcivescovo di Capua due volte, e protestato che il debito suo era non aderire ad alcuno; avere ricordato il medesimo quando l'ammiraglio partí di Italia, non si potendo in tempo alcuno trattare con maggiore onore per lui: né avere riportata altra risposta che non si potere fare senza consentimento del re di Inghilterra. Ricordassesi Cesare quanto il pontefice avesse dissuaso il passare nella Provenza, perché si turbava in tutto la speranza della pace e perché, come indovino delle cose che erano succedute, avea predetto che la necessità che si poneva al re di Francia di armarsi potrebbe essere occasione di suscitare incendio in Italia di maggiori pericoli. Avere per il vescovo di Verona confortato il re, già possessore di Milano, e il viceré, alla concordia; ma in niuno avere trovato inclinazione alla pace.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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