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      Desiderava il pontefice e faceva ogni opera perché nella concordia che e' trattava col viceré si includessino i viniziani, ma la difficoltà era che essi ricusavano di volere pagare i denari dimandati loro dal viceré; perché dimandava che gli pagassino tanti danari quanti arebbono spesi nelle genti che avevano a contribuire, e che in futuro contribuissino non con gente, ma con danari; dimandando anche il medesimo a tutti quegli i quali erano compresi nella confederazione fatta con Adriano. Ma la durezza de' viniziani facevano beneficio al pontefice, dando sospizione al viceré che pensassino a nuovi movimenti. Le quali cose mentre si trattano, con speranza certissima d'aversi a conchiudere, i fiorentini, per ordine del pontefice, mandorono al marchese di Pescara, per intrattenimento dello esercito, venticinquemila ducati; ricevuta promessa il pontefice da Giambartolomeo da Gattinara, il quale appresso a lui trattava per il viceré, che questa quantità sarebbe computata nella somma maggiore che arebbono a pagare per vigore della nuova capitolazione.
      La quale innanzi si conchiudesse, pochissimi dí, il duca di Albania, il quale per tornarsene in Francia aveva aspettato l'armata, venuta quella al Porto di Santo Stefano e mandategli le galee, si imbarcò a Civitavecchia sopra quelle e sopra le galee del pontefice, prestategli con consentimento del viceré, benché né all'armata né alle galee non dessino salvocondotto; e con lui Renzo da Ceri, con l'artiglieria avuta da Siena e da Lucca, con quattrocento cavalli mille fanti tedeschi e pochi italiani, perché il resto della gente si era sfilata e il resto de' cavalli parte venduti parte lasciati.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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