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      Fu questa deliberazione del pontefice interpretata variamente dagli uomini, secondo che sono varie le passioni e i giudizi. La moltitudine massime, alla quale sogliono piacere piú i consigli speciosi che i maturi, e che spesso ha per generosi quegli che non misurano le cose prudentemente, tutti coloro ancora che facevano professione di desiderare la libertà di Italia, lo biasimorono, come se per viltà d'animo avesse lasciato l'occasione di unirla contro a Cesare, e aiutato co' danari propri l'esercito suo a liberarsi da tutti i disordini; ma la maggiore parte degli uomini piú prudenti giudicorono molto diversamente, perché consideravano che il volersi opporre con genti nuove a uno esercito grossissimo e vincitore non era consiglio prudente. Non potere essere che la venuta de' svizzeri non fusse cosa lunga, e da arrivare facilmente passato che fusse il bisogno, quando bene fussino prontissimi a venire: di che, atteso la natura loro e la percossa ricevuta sí di fresco, non si aveva certezza alcuna. Né si dovere sperare meglio del reame di Francia, dove per tanta rotta non era restato né animo né consiglio; non vi era in pronto provisione di danari, non di gente d'arme, e quelle poche ancora che si erano salvate il dí della giornata, avendo perduto i carriaggi, avevano bisogno di tempo e di denari a riordinarsi: però, non avere questa unione altro probabile fondamento che la speranza che l'esercito inimico, per non essere pagato, non avesse a muoversi; il che quando bene succedesse non restare per questo privati del ducato di Milano, il quale mentre si reggeva a divozione di Cesare arebbe sempre il pontefice causa grandissima di temerne.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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