Conosco quanto questa opinione sia diversa dal gusto degli uomini, quanto sia nuova e senza esempli; ma si convengono bene a Cesare deliberazioni estraordinarie e singolari. Né è da maravigliarsi che l'animo cesareo sia capacissimo di quello a che i concetti degli altri uomini non arrivano, i quali quanto avanza di degnità tanto debbe avanzare di magnanimità; e però conoscere, sopra tutti gli altri, quanto sia piena di vera gloria una tanta generosità, quanto sia piú officio di Cesare il perdonare e il beneficare che l'acquistare; che non invano Dio gli ha dato quasi miracolosamente la potestà di mettere la pace nel mondo; che a lui si appartiene, dopo tante vittorie, dopo tante grazie che Dio gli ha fatte, dopo il vedere inginocchiato a' piedi suoi ognuno, procedere non piú come inimico di persona ma provedere come padre comune alla salute di tutti. Piú fece glorioso il nome di Alessandro magno, il nome di Giulio Cesare, la magnanimità di perdonare agli inimici, di restituire i regni a' vinti, che tante vittorie e tanti trionfi; lo esempio de' quali debbe molto piú seguitare chi, non avendo per fine unico la gloria, ancora che sia premio grandissimo, desidera principalmente di fare quel che è il proprio il vero ufficio di ciascuno principe cristiano. Ma consideriamo piú innanzi, per convincere coloro che misurano le cose umane solamente con fini umani, quale deliberazione sia piú conforme ancora a questi. Io certamente giudico che in tutta la grandezza della Maestà vostra non sia la piú maravigliosa la piú degna parte che questa gloria di essere stato insino a oggi invitto, di avere condotto a felicissimo fine, con tanta riputazione con tanta prosperità, tutte le imprese vostre.
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