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      Ordinò ancora Cesare che una parte delle galee venute col viceré ritornassino in Italia, per condurre il duca di Borbone in Spagna, senza la presenza del quale affermava non volere fare alcuna convenzione (benché per mancamento di danari si spedivano lentamente); e dimostrandosi molto disposto alla pace universale de' cristiani, e volere in uno tempo medesimo dare forma alle cose d'Italia, sollecitava con molta instanza il pontefice che accelerasse l'andata del cardinale de' Salviati o di altri con sufficiente mandato: al quale anche, essendo già deliberato di pigliare per moglie la infante di Portogallo, cugina sua carnale e cosí congiunta seco in secondo grado, espedí Lopes Urtado a dimandare al pontefice la dispensa; essendosi prima scusato col re di Inghilterra di non potere resistere alla volontà de' popoli suoi. Per il medesimo Lopes, il quale partí alla fine di luglio, mandò i privilegi della investitura del ducato di Milano a Francesco Sforza, con condizione che di presente pagasse centomila ducati e si obligasse a pagarne cinquecentomila altri in vari tempi, e a pigliare i sali dall'arciduca suo fratello: e il medesimo portò commissione che, dai fanti spagnuoli in fuora, i quali alloggiassino nel marchesato di Saluzzo, si licenziassino tutti gli altri; e che secento uomini d'arme ritornassino nel reame di Napoli, gli altri rimanessino nel ducato di Milano; e che del suo esercito fusse capitano generale il marchese di Pescara. Aggiunse Cesare a questa commissione che certi danari, quali aveva mandati a Genova per armare quattro caracche con intenzione di passare subito in Italia personalmente, si convertissino ne' bisogni dello esercito, perché deliberava di non partire per allora di Spagna; e che il protonotario Caracciolo andasse da Milano a Vinegia in nome di Cesare, per indurre quel senato a nuova confederazione, o almeno perché ciascuno restasse certificato tutte le azioni sue tendere alla pace universale de' cristiani.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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