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      Alla quale suspizione, procreata dalla natura stessa delle cose, davano non piccolo nutrimento le parole insolenti dette dal viceré, innanzi che conducesse il re di Francia in Spagna, e cosí dagli altri capitani, e le dimostrazioni che e' facevano di disprezzare il duca e di desiderare apertamente che Cesare lo opprimesse; e molto piú che, avendo Cesare dopo molte dilazioni mandati in mano del viceré i privilegi della investitura, egli, offerendola al duca, aveva dimandato che, per ristoro delle spese fatte da Cesare per lo acquisto e per la difesa di quello stato, si pagassino in certi tempi uno milione e dugento migliaia di ducati, peso tanto eccessivo che il duca fu costretto ricorrere a Cesare perché si riducesse a quantità tollerabile. Ma queste difficoltà facevano dubitare che le dimande sí esorbitanti fussino interposte per differire. Allegoronsi poi, da quegli i quali si sforzavano di escusare la necessità di Francesco Sforza, molte altre cagioni di averlo fatto giustamente sospettare, e particolarmente di avere auto notizia che i capitani avevano ordinato di ritenerlo; per il che egli, chiamato dal viceré a certa dieta, aveva ricusato di andarvi fingendosi ammalato, e il medesimo aveva osservato in tutti i luoghi dove essi potessino fargli violenza. Il quale sospetto, o vero o vano che e fusse, fu cagione che egli, vedendo che nello stato di Milano non erano restate molte genti, per essere andata una parte de' fanti spagnuoli prima col viceré e poi con Borbone in Spagna, e perché molti ancora, arricchiti per tante prede, si erano alla sfilata ritirati in vari luoghi, considerando ancora la indegnazione grandissima la quale si dimostrava nel marchese di P


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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