Fu ricevuto da lui benignamente; e soli, in camera, parlorono delle prime pratiche e di ammazzare gli spagnuoli e Antonio de Leva, ma in luogo che Antonio, che dal marchese era stato occultato dietro a uno panno d'arazzo, udiva tutti i ragionamenti; dal quale, partito che fu dal marchese, che fu il quartodecimo dí di ottobre, fu fatto prigione e mandato nel castello di Pavia. Nel quale luogo andò il marchese proprio a esaminarlo sopra quelle cose che insieme avevano trattate; messe in processo tutto l'ordine della congiurazione, accusando il duca di Milano come conscio di ogni cosa; che era quello che principalmente si cercava.
Incarcerato il Morone, il marchese, in mano del quale erano prima Lodi e Pavia, ricercò il duca che per sicurtà dello stato dello imperadore gli facesse consegnare Cremona e le fortezze di Trezzo, Lecco e Pizzichitone, che per essere in su il passo di Adda sono tenute le chiavi del ducato di Milano; promettendo, avute queste, di non innovare piú altro: le quali il duca, trovandosi ignudo di ogni cosa, abbandonato di consiglio e di speranza, gli fece subito consegnare. Avute queste, ricercò piú oltre di essere ammesso in Milano (diceva) per parlare seco; che gli fu consentito con la medesima facilità: ed entrato che fu in Milano, gli mandò a fare instanza che gli facesse consegnare il castello di Cremona; e che non ricercava il medesimo di quello di Milano per non essere dimanda conveniente, poi che vi era dentro la sua persona, ma che dimandava bene che, per sicurtà dello esercito di Cesare, il duca consentisse che il castello fusse serrato con le trincee.
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