Né mancò di impedire, quanto potette, con l'artiglierie che e' non si lavorasse alle trincee; le quali si lavoravano dalla parte di fuora, col fosso piú lontano dal castello che non aveva fatto Prospero Colonna. Spaventò, e ragionevolmente, l'occupazione del ducato di Milano Italia tutta; la quale conosceva andarne in manifesta servitú ogni volta che Cesare fusse padrone di Milano e di Napoli; e sopra tutti afflisse il pontefice, vedendo scoperte quelle pratiche con le quali aveva trattato non solo di assicurare Milano ma ancora di distruggere l'esercito di Cesare e torgli il regno di Napoli. Al marchese di Pescara conciliò forse grazia appresso a Cesare, ma nel cospetto di tutti gli altri eterna infamia; non solo perché restò nella opinione della maggiore parte che da principio avesse avuto intenzione di mancare a Cesare, ma ancora perché, quando gli fusse stato sempre fedele, parve cosa di grande infamia che avesse dato animo agli uomini, e allettatigli con tanta arte e con tante fraudi a fare pratiche seco, per avere occasione di manifestargli, e farsi grande de' peccati d'altri procurati con le lusinghe e con l'arti sue.
Difficultò questa innovazione la speranza della concordia la quale si trattava per il protonotario Caracciolo col senato viniziano, ridotta già in termini che pareva propinqua alla conclusione, di rinnovare la prima confederazione con le medesime condizioni e di pagare a Cesare, per ricompensazione della omissione del passato, ottantamila ducati; escluse in tutto le dimande di contribuire in futuro con danari, e di restituire i fuorusciti di Padova e dell'altre terre che avevano seguitato Massimiliano.
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