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      E si aggiunse una opportunità senza dubbio grande, che in questi dí, che fu al principio di dicembre, morí il marchese di Pescara; forse per giusto giudizio di Dio, che non comportò che egli godesse il frutto di quel seme che aveva seminato con tanta malignità.
      Era costui di casa di Avalos, di origine catelano; i maggiori suoi erano venuti in Italia col re don Alfonso di Aragona, che primo di quella casa acquistò il reame di Napoli; e cominciando dalla giornata di Ravenna, nella quale ancora giovanetto fu fatto prigione, era intervenuto in tutte le guerre che avevano fatte gli spagnuoli in Italia; in modo che, giovane di età, che non passava trentasei anni, era già vecchio di esperienza. Ingegnoso, animoso, molto sollecito e molto astuto, e in grandissimo credito e benivolenza appresso alla fanteria spagnuola, della quale era stato lungamente capitano generale; in modo che e la vittoria di Pavia e, già qualche anno, tutte le onorevoli fazioni fatte da quello esercito erano principalmente succedute per il consiglio e per la virtú sua. Capitano certamente di valore grande, ma che con artifici e simulazioni sapeva assai favorire e augumentare le cose sue. Il medesimo, altiero insidioso maligno, senza alcuna sincerità, e degno, come spesso diceva desiderare, di avere avuto per patria piú presto Spagna che Italia.
      Confuse adunque assai la morte sua quello esercito, appresso al quale egli era in tanta grazia e riputazione, e agli altri dette speranza di poterlo molto piú facilmente opprimere poiché gli era mancato uno capitano di tale autorità e valore.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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