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      Prometteva madama la reggente di rompere subito con potente esercito la guerra alle frontiere di Spagna, acciò che Cesare fusse impedito a mandare gente e danari per la guerra d'Italia. Lo esercito restato in Lombardia non era grosso, non aveva capitani della autorità soleva, essendo morto il marchese, e il Borbone e il viceré di Napoli in Spagna; non vi era modo di danari non abbondanza di vettovaglie; i popoli inimicissimi per il desiderio del suo duca e per le intollerabili esazioni che si facevano dai soldati e nella città di Milano e in tutto lo stato, il castello di Milano e di Cremona in mano del duca; e i viniziani davano speranza che anche il duca di Ferrara entrerebbe in questa confederazione, pure che Clemente si contentasse di concedergli Reggio, quale a ogni modo possedeva. Da altro canto faceva difficoltà la astuzia, la virtú degli inimici, lo essere soliti a stare lungamente, quando era necessario, con pochi danari e a tollerare molti disagi e incomodità, le terre fortificate in che erano e la facilità, per essere terre in piano, da potere anche meglio ripararle e fortificarle, nelle quali potersi intrattenere tanto che gli venisse soccorso di Germania, di qualità da ridurre tutta la guerra alla fortuna d'una giornata; le genti della lega non potere essere altro che genti nuove e di poco valore a comparazione di quello esercito veterano e nutrito in tante vittorie. Aversi difficoltà di capitano generale, non avendo il marchese di Mantova, che allora era capitano della Chiesa, spalle da sostenere tanto peso; né potendo sicuramente commettersi alla fede del duca di Ferrara né di quello di Urbino, che avevano ricevuto tante offese, né potevano essere contenti della grandezza del pontefice.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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