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      La quale capitolazione fatta, il legato, non aspettato che da Clemente avesse la perfezione, non potette o non seppe negare di dare a Cesare il breve tanto desiderato della dispensa: la quale essendo stata fatta prima con espressione solamente dello impedimento in secondo grado senza nominare la figliuola del re di Portogallo, per manco offendere il re di Inghilterra, o perché, essendo tra loro vincolo doppio di affinità, non fusse fatta menzione se non del vincolo piú potente, fu necessario farne un'altra che con espressa nominazione delle persone comprendesse tutti gli impedimenti.
      Con la espedizione di questa confederazione partí il comandatore Errera dalla corte cesarea, uno giorno o due dipoi che Cesare aveva ricevuto l'avviso della cattura del Morone: e condotto, il sesto dí di dicembre, innanzi al pontefice, oltre a molte offerte e fede larghissima della buona disposizione di Cesare, gli presentò i capitoli [dell'accordo]; del quale se bene i capitoli che trattavano del sale e delle cose beneficiali del reame di Napoli erano discrepanti da quello che aveva appuntato col viceré, pure, perché il principale suo fine era di assicurarsi da' sospetti, gli arebbe accettati se avesse conosciuto procedersi sinceramente nelle cose del ducato di Milano. Ma poi che nel capitolo che trattava di Francesco Sforza non si faceva menzione della imputazione che gli era stata data, né si prometteva di restituire lo stato tolto né di perdonargli gli errori che avesse commesso (anzi Cesare, nella conclusione fatta col legato e nella istruzione data a questo suo agente, non aveva dimostrato di saperne cosa alcuna), fu conosciuta facilmente la astuzia e arte loro: perché la confederazione e la promessa di conservare e difendere Francesco Sforza nel ducato di Milano non privava Cesare della potestà di procedergli contro come suo vassallo, e dichiarare il feudo divoluto, per la imputazione dello avere macchinato contro alla Maestà sua; e Borbone, surrogato in caso della sua morte, veniva anche a succedere in caso della sua privazione, perché dalle leggi è considerata la morte naturale e la morte civile, della quale dicono morire chi è condennato per tale delitto.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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