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      Fu aggiunto ancora in questo trattato che nel medesimo tempo non si innovasse né di lavorare né di altro contro al castello di Milano, se Francesco S
      forza si obligava a non offendere e molestare quegli di fuora; la quale condizione egli non volle accettare.
     
      Lib.16, cap.14
     
      Lettera del pontefice a Cesare a favore del duca di Milano. Matrimonio di Cesare con la principessa di Portogallo. Discussione nel consiglio di Cesare sulla politica da seguirsi riguardo al re di Francia, ed in Italia; parole del gran cancelliere; parole del viceré.
     
      Consumato con queste azioni, disposte piú alla guerra che alla pace, l'anno della natività del Figliuolo del sommo Dio mille cinquecento venticinque, cominciò l'anno mille cinquecento ventisei, pieno di grandi accidenti e di maravigliose perturbazioni. Nel principio del quale anno ritornando Errera a Cesare, il pontefice gli scrisse una lunga lettera di propria mano, nella quale, non negando totalmente né confessando le cose trattate contro a lui ma trasferendone la colpa nel marchese di Pescara, si sforzò di escusare Francesco Sforza, sedotto, se aveva fatto errore alcuno, dai consigli di Ieronimo Morone; e supplicandolo efficacissimamente che, per quiete e beneficio di tutta la cristianità, fusse contento di perdonargli. Nel quale tempo Cesare, aspettando la risposta del pontefice, teneva sospese tutte le pratiche degli altri; e ancora che Borbone, che era carezzato assai e confermatagli la speranza del parentado, instesse di consumare il matrimonio, gli era interposta dilazione, allegando che Cesare voleva prima consumare il matrimonio suo con la sposa di Portogallo, la quale di giorno in giorno aspettava: ma si faceva per lasciarsi libera la facoltà di fare l'accordo col re di Francia, nel quale si trattava dargli per moglie la medesima promessa a Borbone; prevalendo, come è l'uso di tutti i príncipi, l'utilità alla onestà. Sopravenne dipoi, avendo già Cesare consumato il matrimonio in Sibilia, Errera da Roma, con la minuta del capitolo amplissimo disteso dal pontefice in benefizio di Francesco Sforza: in modo che Cesare, certificato anche che il legato non aveva commissione da parte, diversa da quel capitolo, e concorrendo tutto il consiglio in questa sentenza, che e' fusse necessario interrompere la lega che si trattava e pericoloso l'avere a sostenere in uno tempo medesimo tanti inimici, si ridusse in necessità o di sodisfare al pontefice e a' viniziani della restituzione di Francesco Sforza o di concordarsi col re di Francia.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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