arà in loro cura alcuna di liberare il re, anzi, per mantenersi sciolti e padroni, aranno piacere della sua cattività. Cosí, in cambio della Borgogna e di tanti acquisti, non potremmo piú sperare né della sua prigione né della sua liberazione. Ma io dimando piú oltre, cancelliere: ha Cesare, in questa deliberazione, a tenere conto alcuno della dignità e maestà sua? e che maggiore infamia può egli avere, che piú diminuzione di onore, che essere costretto a perdonare a Francesco Sforza? che uno uomo mezzo morto, rebelle vostro, esempio singolare di ingratitudine, non con l'umiliarsi e fuggire alla vostra misericordia ma col gettarsi in braccio agli inimici vostri, vi sforzi a cedergli a restituirgli lo stato, sí giustamente toltogli, a pigliare le leggi da lui? Meglio è, Cesare, e piú conviene alla dignità dello imperio, alla vostra grandezza, sottoporsi di nuovo alla fortuna, mettere di nuovo ogni cosa in pericolo, che, dimenticatovi il grado vostro, l'autorità di principe supremo di tutti i príncipi e il nome cesareo, e vincitore tante volte d'un potentissimo re, accettare da preti e da mercatanti quelle condizioni che, se voi fussi stato vinto, né piú gravi né piú indegne vi sarebbono state poste. Però, considerando io tutte queste ragioni, e quanto sia piccola l'utilità che ci può risultare dello accordo con gl'italiani e per quanti accidenti ci possa facilmente uscire di mano, e quanto sia poco sicuro il fidarsi di loro, e di quanta indignità sia pieno il lasciare lo stato di Milano, e che a noi è necessario risolversi e avere una volta considerazione del fine, e che la carcere del re non ci dà utilità se non per i frutti che si possono trarre della liberazione, ho confortato e conforto l'accordare prima con lui che con gli italiani; che nessuno può negare non essere piú glorioso piú ragionevole piú utile: pure che ci assicuriamo della osservanza (in che io fo qualche fondamento) e della gratitudine sua, per il beneficio che egli riceverà da voi, e del vincolo del parentado e della virtú della sorella vostra, instrumento abile a mantenere questa amicizia, ma molto piú del pegno de' due figliuoli, e tra questi il primogenito; del quale non so che maggiore pegno, né piú importante a lui, si possa ricevere.
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