E, poi che la necessità ci strigne a deliberarci, si debbe pure fidarsi piú di uno re di Francia con tanto pegno che degli italiani senza alcuno pegno, piú della fede e parola di uno tanto re che della cupidità immoderata de' preti e della sospettosa viltà de' mercatanti; e piú facilmente possiamo avere, come molte volte hanno avuto i passati nostri, congiunzione per qualche tempo co' franzesi che con gli italiani, inimici nostri naturali ed eterni. Né solo in questa via veggo maggiore speranza che ci abbia a essere atteso, ma ancora minore pericolo in caso vi fusse mancato. Perché quando bene il re non vi desse la Borgogna non ardirà, restando per ostaggio i suoi figliuoli, di farvi nuove offese, ma cercherà, con pratiche e con prieghi, di moderare l'accordo: senza che, vinto da voi ieri, e oggi uscito di prigione, temerà ancora dell'armi vostre né arà piú ardire di tentare la vostra fortuna; e se egli non piglia l'armi contro a voi, Cesare, certo e che tutti gli altri staranno fermi, tanto che acquisterete il castello di Milano e vi confermerete in modo in quello stato che non arete piú da temere di malignità di alcuno. Ma agl'italiani, se accordate ora seco e vi voglino mancare, non resta freno alcuno che gli ritenga; e cresciuta la facoltà dello offendervi, sarà libera e crescerà la volontà. Però, a giudicio mio, sarebbe somma e timidità e imprudenza perdere, per troppo sospetto, uno accordo pieno di tanta gloria di tanta grandezza e con sicurtà bastante, pigliando in cambio di quello di una deliberazione pericolosissima, se io non mi inganno, e dannosissima.
| |
Francia Borgogna Cesare Milano
|