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      Nella quale deliberazione per confermarlo, come cosa dalla quale avesse a dependere la sicurtà propria, espedí in Francia in poste Paolo Vettori fiorentino, capitano delle sue galee, acciò che nel tempo medesimo che arriverebbe il re fusse alla corte: usando questa celerità non solo per sapere, il piú presto si poteva, la mente sua ma perché il re, avuta subito speranza di potersi congiugnere il pontefice e i viniziani contro a Cesare, avesse causa di deliberare piú prontamente. Fu adunque commesso a Paolo che in nome del pontefice si rallegrasse seco della sua liberazione, facessegli intendere l'opere fatte da lui perché seguisse questo effetto, e quanto le pratiche tenute di collegarsi con la madre avessino fatto inclinare Cesare a liberarlo; mostrassegli poi, il pontefice essere desiderosissimo della pace universale de' cristiani, e che Cesare ed egli facessino unitamente la impresa contro al turco; quale si intendeva prepararsi molto potentemente per assaltare l'anno medesimo il reame di Ungheria. Queste furono le commissioni apparenti, ma la sostanziale e segreta fu che, tentato prima destramente di sapere bene la inclinazione del cristianissimo, in caso lo trovasse volto a osservare lo accordo fatto non passasse piú innanzi, per non fare vanamente piú perdita con Cesare che si fusse fatta per il passato; ma trovandolo inclinato altrimenti, o vero ambiguo, si sforzasse confermarvelo e con ogni occasione lo confortasse a questo cammino; mostrando il desiderio che il pontefice aveva, per benefizio comune, di congiugnersi seco.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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