Queste cose si dicevano con grande asseverazione dal re di Francia e da' suoi, ma in secreto erano molto diversi i suoi pensieri: perché, disposto totalmente a non dare a Cesare la Borgogna, aveva anche l'animo alieno di non muovere, se non costretto da necessità, le armi contro a lui; ma trattando di confederarsi con gli italiani, sperava che Cesare, per non cadere in tante difficoltà si indurrebbe a convertire in obligazione di danari l'articolo della restituzione della Borgogna; nel quale caso nessuno rispetto delle cose d'Italia l'arebbe ritenuto, per desiderio di riavere [i figliuoli], a convenire seco.
Ma i messi del pontefice e i viniziani, ricevuta tanta speranza da lui, significorono subito la risposta avuta, in tempo che in Italia crescevano la necessità e l'occasione del congiugnersi contro a Cesare. La necessità, perché il duca di Milano, il quale da principio, parte per colpa de' ministri suoi parte per il breve tempo che ebbe a provedersi, aveva messo poca vettovaglia in castello, né quella poca era stata dispensata con quella moderazione che si suole usare per gli uomini collocati in tale stato, faceva tutto dí intendere (come ebbe sempre mezzo di scrivere, ancora che e' fusse assediato nel castello) non avere da mangiare per tutto il mese di giugno prossimo, e che non si facendo altra provisione sarebbe necessitato rimettersi alla discrezione di Cesare: e se bene si credeva che, come è costume degli assediati, proponesse maggiore strettezza che in fatto non aveva, nondimeno si avevano molti riscontri che gli avanzava poco da vivere; e il lasciare andare il castello in mano di Cesare, oltre alla riputazione che si accresceva, faceva molto piú difficile la recuperazione di quello stato.
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