Perché la sollevazione del popolo di Milano pareva di non piccolo momento e, per la carestia che era di vettovaglie in quello stato, si giudicava fusse vantaggio grande assaltare gl'imperiali innanzi che per la ricolta avessino comodità di vettovagliare le terre forti, innanzi si perdesse il castello di Milano e che Cesare avesse piú tempo di mandare in Italia nuove genti o provisione di danari. E veniva in considerazione che il re di Francia, il quale per la memoria delle cose passate verisimilmente si diffidava del pontefice, non vedendo in lui ardore alla guerra, non si risolvesse a osservare la concordia fatta a Madril o a rifermarla di nuovo; né si dubitava che, congiunte insieme tante forze terrestri e marittime e la facoltà di continuare nelle spese, benché gravi, lungamente, che le condizioni di Cesare, abbandonato da tutti gli altri ed esausto di danari, sarebbeno molto inferiori nella guerra. Solamente faceva scrupolo in contrario il timore che il re, per il rispetto de' figliuoli non abbandonasse gli altri collegati, come si era dubitato non facesse il governo di Francia quando il re era prigione. Pure il caso si riputava diverso: perché, pigliando l'armi contro a Cesare con tante occasioni, pareva che sí grande fusse la speranza di ricuperargli con le forze, e con questo avesse a succedere con tanta sua riputazione, che e' non avesse causa di prestare orecchi a concordia particolare, la quale succederebbe non solo con ignominia sua ma
eziandio con pregiudicio proprio, se non presente almeno futuro; perché il permettere che Cesare riducesse Italia ad arbitrio suo non poteva, alla fine, essere se non molto pericoloso al reame di Francia.
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