Indegnavasi grandemente che il re di Francia, partendosi dalle promesse e dalla fede data, facesse dimostrazione manifesta a tutto il mondo di disprezzarlo; e gli pungeva anche l'animo non mediocremente una certa vergogna che, avendo contro al consiglio di quasi tutti i suoi, contro al giudicio universale di tutta la corte, contro a quello che, poi che si era inteso l'accordo fatto, gli era stato predetto di Fiandra da madama Margherita sorella del padre suo e da tutti i ministri suoi di Italia, misurata male la importanza e la condizione delle cose, si fusse persuaso che il re di Francia avesse a osservare. Ne' quali pensieri, calcolato diligentemente quel che convenisse alla degnità propria e in quali pericoli e difficoltà rimanessino in qualunque caso le cose sue, deliberò di non alterare il capitolo che parlava della restituzione di Borgogna: piú presto, concordandosi col pontefice, consentire alla reintegrazione di Francesco Sforza, come se piú fusse secondo il decoro suo perdonare a uno principe minore che, cedendo alla volontà di uno principe potente ed emulo della grandezza sua, fare quasi confessione di timore; piú presto avere la guerra pericolosissima con tutti che rimettere la ingiuria ricevuta dal re di Francia. Perché dubitava che il pontefice, vedendo essere stata sprezzata l'amicizia sua, non avesse alienato totalmente l'animo da lui; e gli accresceva il sospetto lo intendere che oltre allo avere mandato uno uomo in Francia a congratularsi, vi mandava publicamente uno imbasciadore; e molto piú che nuovamente aveva condotto a' soldi suoi, sotto colore di assicurare le marine dello stato della Chiesa dai mori, Andrea Doria con otto galee e con trentacinquemila ducati di provisione l'anno: la quale condotta, per la qualità della persona e per non avere mai prima il pontefice pensato a potenza marittima, e per essere egli stato piú anni agli stipendi del re di Francia, gli dava sospizione non fusse fatta con intenzione di turbare le cose di Genova.
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