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      Nella quale risposta avendo, non ostante molte replicazioni in contrario, perseverato costantemente, don Ugo, poiché gli ebbe parlato piú volte invano, malcontento, ed egli e i capitani imperiali, che, esclusa la speranza della pace, le cose tendessino a manifesta guerra, la quale, per la potenza della lega e per le condizioni disordinate che avevano, riputavano molto difficile il sostenere, [se ne andò nelle terre dei Colonnesi].
      Furono dal luogotenente del pontefice intercette lettere che Antonio de Leva scriveva al duca di Sessa, avvisandolo della mala disposizione del popolo di Milano, e che la cosa non teneva altro rimedio che l'aiuto di Dio; e lettere di lui medesimo e del marchese del Guasto scritte a don Ugo dopo la partita sua da Milano, dove lo sollecitavano della pratica dello accordo, facendo instanza che e' gli avvisasse subito del seguito, con ricordargli il pericolo loro e dello esercito di Cesare.
      Ma non era già tanta confidenza negli animi di chi aveva a disporre delle forze della lega quanto era il timore de' capitani imperiali. Perché il duca di Urbino, nel quale aveva in fatto a consistere il governo degli eserciti, per il titolo di capitano generale che aveva delle genti viniziane, e per non vi essere uomo eguale a lui di stato, di autorità e di reputazione, stimando forse piú che non era giusto la virtú delle genti spagnuole e tedesche e diffidando smisuratamente de' soldati italiani, aveva fisso nello animo di non passare il fiume della Adda se con l'esercito non erano almanco cinquemila svizzeri; anzi dubitando che, se solamente con le genti de' viniziani passava il fiume dell'Oglio, gli imperiali passassino Adda e andassino ad assaltarlo, faceva instanza che lo esercito ecclesiastico, che già era a Piacenza, passato il Po sotto Cremona, si andasse a unire con quello de' viniziani, per accostarsi poi a Adda e aspettare in su le rive di quel fiume e in alloggiamento forte la venuta de' svizzeri.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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