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      Rispose il luogotenente che, benché ciascuno pensasse le deliberazioni sue essere fatte con somma prudenza, nondimeno che nessuno di quegli capitani conosceva cagione che necessitasse a levarsi con tanta prestezza; e ridurgli in memoria quel che, veduta la ritirata loro, farebbe il duca di Milano disperato di essere soccorso; quanto animo perderebbeno il pontefice e i viniziani, e le imaginazioni che per la declinazione delle imprese, massime ne' princípi, sogliono nascere nelle menti de' príncipi; potersi, se lo alloggiamento fatto disordinatamente era causa di tanto pericolo, rimediarvi facilmente, senza tôrre tanta riputazione a quello esercito, con lo alloggiarlo di nuovo con migliore ordine e con discostarlo tanto che bastasse
      ad assicurarlo da' sagri piantati dagli inimici. Confermò il duca di nuovo la prima conclusione; né potersi, secondo la ragione della guerra, pigliare altra deliberazione: volere assumere in sé questo carico, e che e' si sapesse per tutto il mondo egli esserne stato autore: né essere bene consumare piú il tempo vanamente in parole, perché era necessario essersi levati innanzi alla fine della notte. Con la quale conclusione ciascuno, tornato a' suoi alloggiamenti, attese a espedirsi e a sollecitare la partita delle genti. Delle quali quelle che erano dinanzi si levorono con tanto spavento che, partendosi quasi con dimostrazione di essere rotti, si sfilorono molti fanti e molti cavalli de' viniziani, de' quali alcuni non si fermorono insino fussino condotti a Lodi; e l'artiglierie de' viniziani passorono di là da Marignano, ma rivocate si fermorono quivi: il resto della gente, e il retroguardo massime, partí ordinato.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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