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      La quale speranza restava loro sola, perché per gli imbasciadori mandati a Cesare comprendevano non potere aspettare da lui rimedio alcuno, o perché per essere troppo lontano non potesse per la salute loro fare quelle provisioni che fussino necessarie o, per essere in lui (come piú volte aveva dimostrato l'esperienza) molto minore la compassione delle oppressioni e miserie de' popoli che il desiderio di mantenere, per interesse dello stato suo, l'esercito; al quale non provedendo, a' tempi, de' pagamenti debiti, non poteva né egli né i capitani proibire che si astenessino dalle insolenze e dalle ingiurie: e tanto piú che i capitani, e per acquistare la benivolenza de' soldati e perché lo essere ogni cosa in preda era anche con emolumento loro, non avevano ingrata questa licenza militare; poiché, per mancare i pagamenti, avevano qualche scusa di tollerarla. Però, congregati insieme in numero grande tutti quegli che in Milano avevano qualche condizione piú eminente che gli altri, dimostrando nel volto negli abiti ne' gesti lo stato miserabile della patria e di ciascuno di loro, si condusseno con molte lacrime e lamenti innanzi al duca di Borbone; al quale uno di loro, a chi fu imposto dagli altri, parlò, secondo intendo, in questa sentenza:
      - Se questa patria miserabile, la quale ha sempre per giustissime cagioni desiderato d'avere uno principe proprio, non fusse al presente oppressa da calamità piú acerbe e piú atroci che abbia mai alla memoria degli uomini tollerato alcuna città, sarebbe stata, illustrissimo duca, ricevuta con maraviglioso gaudio la vostra venuta: perché quale maggiore felicità poteva avere la città di Milano che ricevere uno principe datogli da Cesare, di sangue nobilissimo, e del quale la sapienza la giustizia il valore la benignità la liberalità abbiamo, in vari tempi, noi medesimi molte volte esperimentata?


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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