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      Desolò, a tempo de' proavi nostri, Federigo Barbarossa questa città, crudelissimo contro agli abitatori contro agli edifici contro alle mura: e nondimeno, che furono le miserie di quegli tempi comparate alle nostre? non solo per tollerarsi piú facilmente la crudeltà dello inimico come piú giusta che la crudeltà ingiusta dell'amico, ma eziandio perché uno dí, due dí, tre dí, saziorono l'ira e la acerbità del vincitore, finirono i supplíci de' vinti; noi già perseveriamo piú di uno mese in queste acerbissime miserie, accrescono ogni ora i nostri tormenti e, simili a dannati nell'altra vita, sopportiamo senza speranza di fine quello che prima aremmo creduto essere impossibile che la condizione umana tollerasse. Speriamo pure che la magnanimità tua, la tua clemenza abbia a soccorrere a tanti mali, che abbia a provedere che una città diventata leggittimamente tua, commessa alla tua fede, non sia con tanta immanità totalmente distrutta; che comperando con questa pietà gli animi nostri, meritando perpetua memoria di padre e risuscitatore di una città sí memorabile per tutto il mondo, fonderai piú in uno dí il principato tuo con la benivolenza e con la divozione de' sudditi che non fanno gli altri príncipi nuovi in molti anni con l'armi e con le forze. La somma della orazione nostra è che, se per qualunque cagione la volontà tua è aliena da liberarci da tanta crudeltà, se qualche impedimento ti interrompe, che noi ti supplichiamo con tutti gli spiriti che voi spigniate addosso a tutto questo popolo, a tutti noi a ognuno a ogni sesso a ogni età, il furore l'armi il ferro e l'artiglierie dello esercito: perché a noi sarà incredibile felicità essere impetuosamente morti, piú presto che continuare nelle miserie e ne' supplíci presenti; né sarà manco celebrata la pietà tua, se in altro modo non puoi soccorrerci, che infamata la loro immanità; né a noi manco lieto il terminare in questo modo la nostra infelicissima vita, né manco allegra a quegli che ci amano la nostra morte che soglia essere a' pad


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





Federigo Barbarossa