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      Il quale, avendo esposto che i capitani svizzeri si maravigliavano che, essendosi cominciata questa guerra per soccorrere il castello di Milano e trovandosi le cose in tanta necessità, si stesse, dove era bisogno di animo e di esecuzione, a consumare il tempo vanamente in disputare se era da soccorrere o no, [disse] non potere credere non si facesse deliberazione opportuna alla salute comune e all'onore di tanti capitani e di tanto esercito; nel quale caso essi fare intendere che riceverebbeno per grandissima vergogna e ingiuria se, nello accostarsi al castello, non fusse dato loro quello luogo della fatica e del pericolo che meritava la fede e l'onore della nazione degli elvezi; né volere mancare di ricordare che, nel pigliare questa deliberazione, non avessino tanto memoria di quegli che avevano perduto con ignominia le imprese cominciate, che si dimenticassino la gloria e la fortuna di coloro che avevano vinto.
      Nelle quali consulte mentre che il tempo si consuma, conoscendosi chiaramente per tutti la intenzione del duca aliena dal soccorrere, sopravenneno nuove, benché non ancora in tutto certe, che il castello era o accordato o in procinto di accordarsi: al quale avviso il duca prestando fede, disse, presente tutto il consiglio, questa cosa, se bene perniciosa per il duca di Milano, essere desiderabile e utile per la lega; perché la liberava dal pericolo che la cupidità o la necessità di soccorrere il castello non inducesse quello esercito a fare qualche precipitazione, essendo stata imprudenza grande di quegli che si erano mai persuasi che e' si potesse soccorrere; che ora, essendo liberati da questo pericolo, si aveva di nuovo a consultare, e ordinare la guerra nel medesimo modo che se fusse il primo dí del principio di essa.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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