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      E condotto le trincee al disegno suo, determinava fare la batteria. Né lo impedivano a fare lavorare l'artiglierie degli inimici, perché in Cremona non erano piú che quattro falconetti, poca munizione, e traevano molto poco. Nondimeno i fanti di dentro non restavano, uscendo fuora, di travagliare quegli che lavoravano alle trincee, mettendogli spesso, non ostante avessino grossa guardia, in molte difficoltà: donde Malatesta, quasi incerto di quello che avesse da fare, confondeva, con non molta sua laude, con vari giudíci scritti nelle sue lettere, i capitani dello esercito. I quali, vedendo la oppugnazione riuscire continuamente piú difficile, feciono andare nel campo suo mille dugento fanti tedeschi, condotti di nuovo dai viniziani a spese comuni del pontefice e loro, sotto Michele Gusmuier rebelle di Cesare e del fratello; e pochi dí poi, per provedere alla discordia ed emulazione che era tra Malatesta e Giulio Manfrone, vi andò dallo esercito con tremila fanti il proveditore Pesero, che di somma benivolenza era già diventato poco accetto al duca di Urbino. Ma la notte venendo i tredici dí di agosto, fece Malatesta piantare quattro pezzi di artiglieria tra la porta di santo Luca e il castello, per pigliare uno bastione; dove, essendosi battuto quasi tutto il dí, fece sboccare la trincea con speranza di pigliare la notte medesima il bastione. Ma alla quarta ora della notte, pochi fanti tedeschi assaltorno la guardia delle trincee che era, tra dentro e fuora, piú di mille fanti, e disordinati gli costrinseno ad abbandonarla (benché il dí seguente furono costretti a partirsene); in modo che la trincea, fatta con tanta fatica restò abbandonata dall'una parte e dall'altra.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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