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      I figliuoli del quale, disperata la osservanza dell'accordo, erano stati condotti a Vagliadulit. Costrinse la venuta di questa armata il pontefice, sospettoso della fede del viceré e degli spagnuoli, ad armarsi. Però non solo chiamò a Roma Vitello con la compagnia sua e de' nipoti, ma eziandio cento uomini d'arme del marchese di Mantova e cento cavalli leggieri di Pieromaria Rosso, e dallo esercito gli furono mandati dumila svizzeri a spese sue e tremila fanti italiani; e nondimeno continuava in affermare di volere andare in Spagna ad abboccarsi con Cesare: da che lo dissuadevano quasi tutti i cardinali, massime non andando a cosa certa, e confortandolo a mandare prima legati.
      Ritornato il duca d'Urbino all'esercito, e senza speranza alcuna di ottenere o con la forza dell'armi o con la fame Milano, e facendo i capitani dell'armate grandissima instanza che si mandassino genti a molestare per terra Genova, deliberò, per potere fare questo effetto, discostarsi con l'esercito dalle mura di Milano; ma disposte le cose in modo che continuamente fussino impedite le vettovaglie che andassino a quella città. Però dette principio alla fortificazione di Moncia, per potervi lasciare genti le quali attendessino a molestare le vettovaglie che si conducevano del monte di Brianza e di altri luoghi circostanti; e fortificata l'avesse, trasferire l'esercito in uno alloggiamento donde si impedissino le vettovaglie che continuamente vi andavano da Biagrassa e da Pavia: il quale alloggiamento come fusse fortificato, andasse verso Genova il marchese di Saluzzo co' fanti suoi e con una banda di svizzeri.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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