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      Nondimeno, benché la seguitassino insino a Livorno, non potetteno raggiugnerla perché si era dilungata dinanzi a loro per molte miglia: conciossiaché gli inimici, credendo fusse corso o in Corsica o in Sardigna, non furono presti a seguitarlo. Seguitò poi il cammino suo il viceré, ma travagliato dalla fortuna; sparsa l'armata sua: una parte, dove era don Ferrando da Gonzaga, stracorse in Sicilia, che dipoi si ridusseno a Gaeta, dove poseno in terra certi fanti tedeschi; egli col resto dell'armata arrivò al Porto di Santo Stefano. Donde, non avendo certezza de' termini in che si trovassino le cose, mandò a Roma al pontefice il comandatore Pignalosa, con buone parole della mente di Cesare; egli, come il mare lo permesse, si condusse con l'armata a Gaeta.
      I fanti tedeschi intanto, passata Secchia e andati verso Razzuolo e Gonzaga, alloggiorono il terzo di dicembre a Guastalla, il quarto a Castelnuovo e Povi lontano dieci miglia da Parma; dove si congiunse con loro il principe di Oranges, passato da Mantova con due compagni, a uso di archibusiere privato. A' cinque, passato il fiume dell'Enza al ponte in su la strada maestra, alloggiorno a Montechiarucoli, standosi ancora il duca d'Urbino, non mosso da' pericoli presenti, a Mantova con la moglie; e a' sette, i tedeschi passato il fiume della Parma alloggiorno alle ville di Felina, essendo le pioggie grandi e i fiumi grossi. Erano trentotto bandiere, e per lettere intercette del capitano Giorgio al duca di Borbone, si mostrava molto irresoluto di quello avesse a fare.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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