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      E per trattare queste cose, le quali il pontefice comunicò tutte con gli oratori franzesi e viniziani, offeriva il generale tregua per otto o dieci mesi, dicendo avere da Cesare il mandato amplissimo in sé e nel viceré o in don Ugo. Per la quale esposizione il pontefice, udito Pignalosa e intesa la partita del viceré dal Porto di Santo Stefano, mandò il generale a Gaeta per trattare seco; perché e i viniziani non arebbono recusata la tregua, pure che vi avesse consentito il re di Francia: il quale non se ne dimostrava alieno, anzi la madre aveva mandato a Roma Lorenzo Toscano, dimostrando inclinazione alla concordia nella quale fussino compresi tutti. E parendogli nissuna pratica potere essere bene sicura senza la volontà di Borbone, mandò a lui per le medesime cagioni uno suo limosiniere che era a Roma; il quale il duca poco dipoi rimandò al pontefice a trattare. E nondimeno, nel tempo medesimo, non abbandonando la provisione dell'armi, mandò Agostino Triulzio cardinale legato allo esercito di Campagna; e preparandosi ad assaltare eziandio per mare il regno di Napoli, e per difesa propria, arrivò, il terzo di dicembre, a Civitavecchia Pietro Navarra, con ventotto galee del pontefice de' franzesi e de' viniziani: nel quale tempo, o poco poi, era, con l'armata delle vele quadre arrivato Renzo da Ceri a Savona, mandato dal re di Francia per cagione della impresa disegnata contro al reame di Napoli. E da altro canto, Ascanio Colonna con dumila fanti e trecento cavalli venne in Valbuona, a quindici miglia di Tivoli, dove sono terre dello abate di Farfa e di Giangiordano.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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