Mandò anche il pontefice, pochi dí poi, l'arcivescovo di Capua al viceré; il quale anche, insino al vigesimo dí di ottobre, aveva mandato a Napoli, sotto nome delle cose degli statichi, e particolarmente di Filippo Strozzi. Ma il viceré, intesa la debolezza del pontefice, non parlava piú umanamente. Preseno a' dodici di dicembre i Colonnesi, co' quali era il cardinale, Cepperano, che non era guardato, e le genti loro sparse per le castella di Campagna; e da altro canto Vitello, con le genti del pontefice, ridotto fra Tivoli, Palestrina e Velletri. Presono poi Pontecorvo, non guardato, e Ascanio poi dette la battaglia invano a Scarpa, castello della badia di Farfa, luogo piccolo e debole: ed egli e il cardinale con quattromila fanti correvano per Campagna, ma ributtati da qualunque voleva difendersi. Accostossi dipoi Cesare Filettino con mille cinquecento fanti, di notte, ad Alagnia; nella quale intromessi già furtivamente da alcuni uomini della terra cinquecento fanti, per una casa congiunta alle mura, furono ributtati da Gianlione da Fano, capo de' fanti che vi aveva il pontefice. Tornò poi il generale dal viceré, e riportò che egli consentirebbe alla tregua per qualche mese, acciò che intratanto si trattasse la pace, ma dimandare denari e, per sicurtà, le fortezze di Ostia e di Civitavecchia. Ma in contrario di lui scrisse l'arcivescovo di Capua (giunto a Gaeta dopo la partita sua, e forse mandatovi con malo consiglio dal pontefice) che il viceré non voleva, piú tregua ma pace col pontefice solo o con il pontefice e co' viniziani, pagandogli denari per mantenere lo esercito per sicurtà della pace, e poi trattare tregua con gli altri: o perché veramente avesse mutato sentenza o per le persuasioni, come molti dubitorono, dello arcivescovo.
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