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      Stava molto perplesso il marchese di Saluzzo in questa deliberazione; ma molto piú vi stavano perplessi i viniziani, perché, scoperta a tutti la pusillanimità del pontefice, tenevano per certo che, eziandio dopo gli aiuti avuti di nuovo da loro, qualunque volta potesse conseguire lo accordo lo abbraccierebbe senza rispetto de' confederati, e che però fussino astretti a cosa molto nuova: aiutarlo per fargli facile il convenire con gli inimici comuni. Consideravano che lo abbandonarlo causerebbe maggiore pregiudizio alle cose comuni; ma giudicavano mettersi in manifesto pericolo le genti loro, tra l'Apennino e gli inimici e nel paese già diventato avverso, se, mentre che erano in Toscana, il pontefice stabilisse o di nuovo facesse l'accordo; e poteva anche nel senato quella dubitazione che il pontefice non facesse instanza che le genti loro passassino in Toscana, per costrignergli ad accettare, per pericolo di non le perdere, la sospensione. Le quali perplessità aveva con minore difficoltà rimosse il luogotenente dall'animo del marchese, ancora che molti del suo consiglio, per timore di non mettere le genti in pericolo, lo confortassino al contrario: però, come prima era stato pronto a venire a Furlí cosí non recusava, se il bisogno lo ricercasse, di passare in Toscana. Stavanne molto piú sospesi i viniziani; i quali, per tenere il papa e i fiorentini in qualche speranza e da altro canto essere pronti a pigliare i partiti di giorno in giorno, ordinorno che il duca di Urbino partisse il quarto dí di aprile da Casalmaggiore, mandando la cavalleria per la via di Po dalla parte di là e la fanteria per il fiume.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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