Il quale dí ebbe la nuova che il viceré, con consentimento del La Motta mandato a questo effetto da lui, aveva, il dí dinanzi, capitolato in Firenze: che, non si partendo nelle altre cose anzi riconfermando la capitolazione fatta in Roma, dovesse il duca di Borbone cominciare infra cinque dí prossimi a ritirarsi con l'esercito e, che, subito si fusse ritirato al primo alloggiamento, gli fussino pagati da' fiorentini ducati sessantamila, a' quali il viceré ne aggiugneva ventimila; pagassinsegli altri settantamila per tutto maggio prossimo, de' quali il viceré per cedola di mano propria obligò Cesare a restituirne cinquantamila: ma questi ultimi non si pagassino se prima non fusse liberato Filippo Strozzi, e assoluto Iacopo Salviati dalla pena de' trentamila ducati, come il viceré aveva promesso al pontefice, non ne' capitoli della tregua ma sotto semplici parole.
Non ritardò questa notizia il duca di Borbone dallo andare innanzi, né la notizia ancora che il viceré si era partito di Firenze per condursi a lui e per stabilire tutte le cose che fussino necessarie: perché il viceré e per molte altre cagioni desiderava la concordia, e perché (per quello che io ho udito da uomini degni di fede) trattava che l'esercito si voltasse subito contro a' viniziani, non per occupare le città del loro imperio ma per occupare la città medesima di Vinegia; sperando, con le barche e con gli uomini periti di quella navigazione che arebbe dal duca di Ferrara, e con le zatte che essi fabbricherebbono, poterla opprimere.
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